Voci Dimenticate: Le Minoranze Linguistiche che arricchiscono la Calabria

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Tra il susseguirsi delle coste e delle onde del mare, tra le maestose vette alla Sila, del Pollino e dell’Aspromonte, racchiusi in borghi di straordinaria bellezza risiedono tesori culturali unici. Questi tesori sono le minoranze linguistiche che adornano la punta dello stivale; un mondo fatto di diversità culturale e resilienza. La Calabria è una terra dai mille volti, e questo mosaico si riflette nella sua diversità linguistica presente nella regione. Il calabrese, che con le sue sfumature dialettali differente da provincia a provincia, e il suo legame profondo con le radici latine, è la lingua madre di molti calabresi. Ma al di là del calabrese e dell’italiano, lingue minoritarie preziose risplendono come gemme rimosse dal tempo.

Gli Arbëreshë: “italo-albanesi di Calabria”

Gli Albanesi di Calabria hanno una storia di dramma e di rinascita, iniziato tutto intorno al XV secolo, quando Alfonso I d’Aragona chiese l’ausilio militare al comandante albanese Rares, per contrastare l’avanzata turca sulla parte jonica calabrese. Come ricompensa, è stato nominato governatore della Calabria, un tempo sotto il Regno di Napoli, e ricevette diversi possedimenti terrieri. Un altro motivo per cui gli albanesi migrarono verso la Calabria, fu in occasione del matrimonio di Erina Castriota, pronipote di Giorgio Castriota Scanderberg, condottiero e principe diventato eroe nazionale albanese, per avere difeso l’Albania dall’occupazione turca, con il principe di Bisignano Pietrantonio Sanseverino Tricarico. Da questi due episodi, successi secoli fa, gli Albanesi hanno mantenuto le tradizioni della madrepatria attraverso l’uso della lingua e dei costumi, delle tradizioni enogastronomiche – culturali e della liturgia italo-albanese, di rito bizantino. Oggi questa lingua è un ponte culturale verso l’Albania. La comunità Arbëreshë è presente prevalentemente nel territorio cosentino, ma anche in alcuni territori di Catanzaro e di Crotone. Uno dei borghi calabresi Arbëreshë più importanti è Lungro, dove sorge la Cattedrale di S. Nicola di Mira, capitale religiosa degli italo-albanesi, in quanto sede dell’Eparchia in cui si trova il vescovo della chiesa di rito greco-ortodosso. Altri centri sono Civita, dove caratteristiche da vedere sono le Case Kodra, coniate così per richiamare il pittore albanese Ibrahim Kodra, e sono casupole antropomorfe, dal volto umano, Firmo, San Demetrio Corone sede del collegio italo-albanese di Sant’Adriano, Santa Sofia D’Epiro, Carfizzi, Pallagorio, San Nicola dall’Alto, Caraffa di Catanzaro, Vena di Maida, Zangarona, Gizzeria, Andali e Marcedusa, Frascineto, Vaccarizzo Albanese, San Giorgio Albanese e San Cosmo Albanese.

Gli Occitani: “i Valdesi di Calabria”

Sempre in provincia di Cosenza si parla una lingua per molti sconosciuta: il Guardiolo. Questa lingua occitana, presente soprattutto nel comune di Guardia Piemontese, un comune di quasi 2000 abitanti, è l’unica che vive ancora oggi in tutto il Sud Italia. L’occitano è una lingua neolatina, di origine romanza, molto diffusa nell’Europa medievale; questa lingua oggi si parla soprattutto in alcune zone della Francia meridionale e in alcuni territori del Piemonte e della Liguria. In Calabria questa minoranza etnolinguistica, originaria soprattutto della Val d’Angrogna e della Val Pragelato, arrivò intorno alla metà del Duecento quando la popolazione locale calabrese ospitò le comunità occitane valdesi. Guardia Piemontese e San Sisto dei Valdesi sono state fondate dai valdesi, che tra il XII e il XIII secolo fuggivano dai loro territori per povertà, ma soprattutto per le persecuzioni religiose per via della loro religione protestante (valdese). In questi nuovi territori riuscirono a difendere la loro fede religiosa e l’identità linguistica, ma molte furono le stragi che questa popolazione dovette subire, soprattutto nel Cinquecento quando i valdesi di Guardia Piemontese, furono trucidati. Diverse sono le testimonianze che oggi giungono a noi, come la principale porta d’ingresso della città, chiamata Porta del Sangue. Questo borgo è considerato la piccola capitale valdese di Calabria e conserva ancora oggi gli usi, i costumi e la lingua.

I Grecanici: “I greci di Calabria”

Nascosti tra le meraviglie naturali del Parco Nazionale dell’Aspromonte, soprattutto nell’area più a Sud della Calabria, chiamata Area Grecanica, piccoli borghi e comunità parlano ancora un’antica lingua di origine greca. Sono i Grecanici, una popolazione etnica custode di un patrimonio culturale millenario. I Grecanici, noti anche come Greci di Calabria o Italo-Greci, rappresentano una minoranza etnica e linguistica che ha preservato le radici della Grecia antica nel cuore del Sud Italia. Sono gli eredi della migrazione greca che giunse sulle coste ioniche calabrese tra l’VIII e il VI secolo a.C, alla ricerca di nuove terre da coltivare. Dall’antica Magna Grecia alla Calabria attuale, queste comunità hanno mantenuto la propria lingua, le proprie tradizioni enogastronomiche e religiose, i propri costumi, la musica e la danza, la cultura e l’identità. Il Grecanico o Griko di Calabria è un collegamento diretto verso l’antica Grecia, tradizioni che collegano il passato al presente. Quasi tutti i paesi aspromontani sono di origine greca e in alcuni di essi questo patrimonio intangibile vive ancora, soprattutto nei borghi di: Gallicianò, Roghudi, Bova considerata capitale della cosiddetta Bovesìa, ovvero l’area di cultura e lingua grecanica, e Bova Marina, Condofuri. Testimonianza di questo patrimonio culturale è il Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs, presente a Bova, che custodisce la storia e la tradizione di questa minoranza linguistica, la musica folkloristica che vede protagonista la lira calabrese e l’enogastronomia.

Tuttavia, questi patrimoni sopra elencati si trovano ad affrontare quotidianamente impegnative sfide per preservare la loro cultura e la lingua. L’isolamento geografico di alcune comunità e la mancanza di risorse rendono difficile la trasmissione delle tradizioni alle nuove generazioni. Non mancano però i segnali di speranza. Gli sforzi delle comunità locali, delle scuole e delle organizzazioni culturali stanno cercando di mantenere viva l’eredità di questa straordinaria ricchezza culturale. In un mondo sempre più omogeneo, globalizzato e standardizzato, queste realtà sono come voci silenziose in un mondo sempre più rumoroso, testimonianze della bellezza della diversità e di identità culturali uniche.


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